giovedì 30 maggio 2013

Carne non indispensabile per svezzare i bambini: spot Mellin sospeso perché fuorviante

Post dal mio blog: latuanaturopata.it

Ricordate quello spot della Mellin sullo svezzamento dei bambini trasmesso frequentemente negli ultimi tempi dove la voce narrante recitava: ”Tuo figlio ha bisogno di ferro della carne“.?
Bene, questa inesattezza spacciata per verità scientifica ha mosso la LAV, storica associazione animalista, ad aprire un procedimento presso l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) per contestare l’indispensabilità della carne in età pediatrica sostenuta all’interno della pubblicità firmata Mellin.
Ebbene, questo produttore di omogeneizzati è stato costretto a fare un passo indietro ritirando lo spot contestato e impegnandosi a tener conto dei rilievi formulati per le prossime iniziative.
A sostegno del procedimento mosso dalla LAV, infatti, ci sono non solo il buon senso comune ma anche i dati provenienti da ricerche scientifiche recenti, come quella condotta nel 2009 dall’American Dietetic Association secondo cui uno stile alimentare vegetariano oltre ad apportare benefici per la salute, consente anche di prevenire alcune patologie.
Anche uno studio illustrato dalla Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana (SSNV) e condotto su bambini tra il primo ed il secondo anno di vita, alimentati con una dieta esclusivamente vegetariana, ha evidenziato una minore incidenza di malattie rispetto al gruppo di bambini onnivori, a parità dell’andamento di crescita.
Questa piccola vittoria legale contro una pubblicità ‘ingannevole e fuorviante’ – secondo le accuse della LAV – forse rappresenta lo spiraglio per un reale cambiamento dei preconcetti sull’alimentazione vegetariana e l’infanzia.
Tratto da
http://www.tuttogreen.it/la-carne-non-e-indispensabile-per-lo-svezzamento-dei-bambini-spot-mellin-sospeso-perche-fuorviante/


http://latuanaturopata.blogspot.it/2012/03/carne-non-indispensabile-per-svezzare-i.html

venerdì 10 maggio 2013

Il parto? Meglio a casa!!


È ora di tornare a partorire  a casa. Per le future mamme in buona salute che stanno vivendo una gravidanza fisiologica, l’ospedale non sarebbe il luogo più indicato dove partorire.
A sostenerlo è una voce autorevole, si tratta infatti del Royal College of Obstetricians and Gynaecologists (Rcog) britannico, che nel suo ultimo rapporto sottolinea che un terzo delle future mamme dovrebbe tornare a partorire tra le mura domestiche, o nei centri gestiti da ostetriche che sono le figure di riferimento per la fisiologia.
Dal rapporto emerge, inoltre, la necessità di ridurre i reparti di maternità per concentrare le cure specialistiche a servizio delle donne che ne hanno effettivamente bisogno.
Secondo Anthony Falconer, presidente del Rcog, l’attuale gestione pubblica delle maternità “non è accettabile, né sostenibile” e le donne non dovrebbero più guardare all’ospedale come al luogo dove partorire. “Solo un terzo delle partorienti ha bisogno di un medico, solo un terzo di un’ostetrica e solo un terzo di entrambi” afferma Anthony Falconer. “C’è la percezione fra le pazienti che partorire in ospedale sia più sicuro. Ma le cliniche gestite dalle ostetriche sono dei posti molti sicuri per mettere al mondo un figlio“.
In effetti, in alcuni Paesi europei il parto a domicilio non è un evento raro, pensiamo all’Olanda, dove il 30% dei bimbi nasce in casa.


E in Italia?Nel nostro Paese, dove gravidanza e nascita sono eventi fortemente medicalizzati, questa è un’opportunità ancora poco sfruttata. “Ma il parto in casa, per le donne sane, è un’alternativa molto valida” commenta Marta Campiotti, presidente dell’Associazione nazionale ostetriche parto a domicilio e case maternità. “Il parto non è un atto medico, ma è un evento fisiologico: il bambino nasce senza bisogno di procedure o interventi particolari. Minori sono le interferenze e più ‘facile’ e soddisfacente si rivela l’esperienza del parto”.
A garantire la sicurezza di questa scelta è l’attenta selezione che viene compiuta già nell’attesa, sulla base dei parametri stabiliti dalle linee guida dell’Associazione nazionale ostetriche parto a domicilio e case maternità.

Ad esempio, non possono partorire in casa le future mamme che soffrono di patologie preesistenti alla gravidanza (diabete, malattie croniche della mamma, ecc.) o comparse nel corso dell’attesa (preclampsia, diabete gestazionale, ecc.), e le donne che hanno subito operazioni all’utero. Ma per le donne che hanno vissuto un’attesa fisiologica e godono di buona salute (con bimbo in posizione cefalica e gravidanza a termine, ovvero tra la 37a e la 42a settimana), accogliere il proprio piccino tra le accoglienti mura domestiche può rivelarsi un’esperienza molto soddisfacente. Si è visto, inoltre, che le donne che partoriscono a casa allattano al seno di più e più a lungo, e l’intesa con il neonato è favorita.
In alcune regioni, ovvero Lazio, Piemonte, Emilia Romagna, Marche, e nelle province autonome di Trento e Bolzano, le coppie che scelgono di partorire a domicilio o in una Casa di Maternità hanno la possibilità di chiedere un rimborso totale o parziale (la percentuale cambia a secondo della Regione) delle spese sostenute per l’assistenza ostetrica.

Fonte: /http://www.dolceattesa.rcs.it/2011/07/il-parto-meglio-a-casa-2/